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Gastone Mosci, Il Nuovo amico, 21 Aprile 2002

 

Nelle Sale del Maniscalco

La via di Gerusalemme

 

Urbino-Un paio di anni fa ho incontrato Daniele Montis con la curiosità e l'attrezzatura del pittore: veniva a Urbino per sue ragioni misteriose. Non so chi l'avesse indirizzato nella nostra città. Ma so ora più che mai che i suoi perché e le sue aspettative erano dei programmi, delle decisioni: veniva come un pellegrino mosso da antiche voci. 

Il pittore di Sassari era alla ricerca di un nuovo mondo, di una nuova forma espressiva. Sentiva dentro di sé un fuoco acceso che doveva ricollocarsi al di là dei colori e dei sentimenti di sempre: aveva nel cuore storie ancestrali del momìndo sardo, mitologie controverse e popolari, favole mediterranee, sopratutto il desiderio di raccontare lo stupore del paesaggio e delle figure che in esso vivevano audacemente. L'artista sardo sembrava immerso in un sistema permanente di stupore e di meraviglia, dolcemente succube dei colori accesissimi ed appassionanti, come visioni di antiche vetrate di cattedrali o di castelli fantastici, con giardini, cancelli, torri, montagne, porte sempre nel contesto del mare spumeggiante, trasognato, allegorico.


Oggi, Daniele Montis presenta questo suo ventennale mondo pittorico in una personale nella Sala del Maniscalcoe nel bel Catalogo con un testo critico di Floriano De Santi (Quattroventi 2002). Ogni sua opera pittorica è un racconto, una intelaiatura poetica viva, dove perdersi, dove rincorrere particolari infiniti. Ma alla prima illustrazione va aggiunta la novità, quasi un cinegiornale della sua nuova produzione Urbinate.
Ho trovato di recente Daniele Montis nel laboratorio della Stamperia Posterula alle prese con una lastra gigantesca, quasi la possibilità massima per i torchi guidati da Vincenzo Tiboni. Successivamente ho visto un'altra lastra di grande formato: serviva anche questa per studiare, capire e produrre calcografia.

A quarant'anni Montis era entrato nell'officina del calcografo, nella stanza impervia dell'incisione: ha conosciuto un'arte nuova ed ha realizzato un opera esplosiva, meglio almeno due grandi calco, di fascino e d'incontinenza espressiva: "La via di Gerusalemme" e "La grotta di Prospero" che presenta al Maniscalco.
Montis ha un disegno immediato, lieve, gradevole, di segno breve aereo, con il marchio delle scale e del labirinto, in un susseguirsi estenuante e e descrittivo di immagini, fabulatore senza fine. "La via di Gerusalemme" vorrebbe interpretare il gotico e le leggende medievali, "La grotta di Prospero" propone il barocco e temi shakespiriani della "Tempesta", sempre meraviglia e aneliti di trascendenza. In definitiva, una mostra inconsueta di chi si pone nell'avventura dell'incisione.

Gastone Mosci

 

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